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( Chiara Galletti) «Abbiamo sfruttato un fenomeno che è molto comune in natura e l’abbiamo reinventato in una forma completamente diversa» spiega Elisabetta Colombo, ricercatrice del Center for Synaptic Neuroscience and Technology dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e co-coordinatrice del nuovo progetto per il trattamento dell’epilessia che sta prendendo forma nei laboratori dell’IIT. Con l’utilizzo della bioluminescenza, un fenomeno tipico delle lucciole e di alcuni animali marini, i ricercatori hanno ideato un trattamento per curare l’iperattività neuronale tipica delle crisi epilettiche, diretto in particolare a quei pazienti in cui la terapia farmacologica non funziona, e che per questo subiscono oggi dei trattamenti molto invasivi. La sperimentazione è ancora nella fase preclinica e richiede anni di accertamenti prima dell’utilizzo sugli esseri umani, ma al momento dà buoni risultati nei test in vitro.

Con 550 mila casi in Italia e oltre 50 milioni a livello globale, l’epilessia è una delle patologie neurologiche più diffuse, e circa un terzo dei pazienti non risponde alla terapia farmacologica. «Miriamo ai casi di epilessia refrattaria ai farmaci — continua Elisabetta Colombo —. In questi casi il neurochirurgo talvolta deve procedere con l'asportazione del tessuto malato, un’operazione molto invasiva che può comportare anche perdite cognitive. Ci sono tecniche più recenti come l'optogenetica, che sfrutta la modifica genetica per inserire nei neuroni delle opsine, che riescono a riportare l’attività dei neuroni epilettici a livello fisiologico quando esposte a stimolazione luminosa». Leggi l'articolo completo sul Corriere
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