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( Candida Morvillo) La sinossi racconta una storia in cui troppi possono riconoscersi: «Un dialogo a senso unico, con la voce di un uomo che fa visita al padre, che quasi non lo riconosce più, affetto da una malattia che cancella la memoria...». Si stima che, in Italia, siano oltre un milione gli anziani con qualche forma di demenza. Sarà per questo che il romanzo autobiografico di Gabriele Corsi, pur non essendo ancora uscito (sarà in libreria oggi, edito da Cairo), è già in classifica su Amazon, primo nella Narrativa Medica.

Del Trio Medusa, Corsi è quello coi baffetti, è col trio su Radio Deejay la mattina e, la sera, conduce sul Nove Don’t Forget the Lyrics, ma «il vero Gabriele è quello del libro», spiega. Quello che, per ore, tiene la mano del suo papà che ha 83 anni e lo sguardo perso nel vuoto, quello che, da ragazzo, obiettore di coscienza, caricava su un pullmino «i mattacchioni di un manicomio» per portarli al mare. Quello che solo oggi ha imparato a piangere, vedremo fra poco fino a che punto. Che bella giornata, speriamo che non piova — una storia di pazzia, memoria perduta, memoria ritrovata si apre con una poesia diventata virale sui suoi social mesi fa: «Fammi essere ancora figlio. Solo una volta. Una volta sola... Per una volta, ancora, fammi sentire al sicuro...».

Quando l’ha scritta
«Quando ho capito che papà non stava bene. Dopo, scrivendo il libro, ho fatto i conti con tutta la mia vita. Ho scritto pagine con gli occhi annebbiati dal pianto e altre che non ho mai più riletto perché mi fanno male».

Perché ha messo insieme l’esperienza nel «Progetto Antonietta» per malati di mente e la malattia di suo padre
«Perché entrambe sono storie di fragilità e solitudini. La scena più triste che ho mai visto è un mattacchione per ore su una sedia ad aspettare il fratello. A un certo punto, mi fa: non viene più, vero Si alza, si spoglia e si mette a letto alle 11 del mattino. Io, con papà malato, per stimolarlo, gli ricordavo aneddoti del passato. Poi, ho capito che non ascoltava, ma che intanto lo tenevo per mano, una cosa che non mi avrebbe mai permesso». L'intervista prosegue sul sito del Corriere
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