( Alessandro Vinci) Inflazione e carovita non fanno distinzioni: per quanto più gravose possano risultare per i cittadini meno abbienti rispetto agli altri, tali dinamiche colpiscono l’intera popolazione. Inevitabile, considerato che l’aumento dei prezzi si osserva a partire dai beni di più largo consumo. Primi tra tutti quelli alimentari. A dare le dimensioni del fenomeno, giovedì 14 novembre, una lista diffusa online da Federconsumatori relativa ai dieci prodotti rincarati di più nei supermercati italiani dal 2014 a oggi. Stilata dall’Osservatorio dell’associazione, che ogni anno monitora un paniere di 100 beni di prima necessità, la graduatoria vede in vetta due pilastri assoluti della dieta nostrana come pasta e olio extravergine di oliva rispettivamente a +84% e +81%: dieci anni fa un chilo della prima costava in media 1,55 euro mentre oggi è arrivato a 2,85, un litro del secondo è invece passato da 6,64 a 11,99. Completano il podio le fette biscottate (da 1,70 a 2,79 euro a confezione, +64%).
Scorrendo la classifica, sono aumentati tra il 50% e il 52% i prezzi di riso, farina, tonno in scatola e passata di pomodoro in bottiglia. In ottava posizione ecco poi lo zucchero (+39%), seguito dal cibo «povero» per antonomasia: il pane, con un chilo lievitato – letteralmente – da 3,30 a 4,38 euro. A chiudere l’elenco un altro grande classico della tradizione: il caffè al bar, che oggi costa in media 1,18 euro a tazzina mentre nel 2014 si fermava a 98 centesimi (+20%). Soltanto tre i prodotti segnalati invece in controtendenza, ovvero i cui prezzi hanno registrato un calo: i cereali da colazione (da 3,29 a 2,35 euro, -29%), i biscotti senza lattosio (da 3,52 a 2,59 euro, -26%) e il pane in cassetta (da 1,62 a 1,29 euro, -20%). Stando così le cose, non stupisce come Federconsumatori affermi di osservare «da tempo, una progressiva riduzione del consumo di carne e pesce (-16,9%, con uno spostamento anche verso il consumo di tagli e qualità meno costosi e meno pregiati); una ricerca sempre più assidua di offerte, sconti, acquisti di prodotti prossimi alla scadenza (abitudine adottata dal 49% dei cittadini); un aumento degli acquisti presso i discount (+11,9%)». L'articolo prosegue sul sito del Corriere
Scorrendo la classifica, sono aumentati tra il 50% e il 52% i prezzi di riso, farina, tonno in scatola e passata di pomodoro in bottiglia. In ottava posizione ecco poi lo zucchero (+39%), seguito dal cibo «povero» per antonomasia: il pane, con un chilo lievitato – letteralmente – da 3,30 a 4,38 euro. A chiudere l’elenco un altro grande classico della tradizione: il caffè al bar, che oggi costa in media 1,18 euro a tazzina mentre nel 2014 si fermava a 98 centesimi (+20%). Soltanto tre i prodotti segnalati invece in controtendenza, ovvero i cui prezzi hanno registrato un calo: i cereali da colazione (da 3,29 a 2,35 euro, -29%), i biscotti senza lattosio (da 3,52 a 2,59 euro, -26%) e il pane in cassetta (da 1,62 a 1,29 euro, -20%). Stando così le cose, non stupisce come Federconsumatori affermi di osservare «da tempo, una progressiva riduzione del consumo di carne e pesce (-16,9%, con uno spostamento anche verso il consumo di tagli e qualità meno costosi e meno pregiati); una ricerca sempre più assidua di offerte, sconti, acquisti di prodotti prossimi alla scadenza (abitudine adottata dal 49% dei cittadini); un aumento degli acquisti presso i discount (+11,9%)». L'articolo prosegue sul sito del Corriere
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