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Corriere della Sera
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Una mucca in cima a un mucchio di resti tessili a Old Fadama, ad Accra, in Ghana. Dal 2023 il paese africano è la discarica più grande al mondo di vestiti usati. Ne arrivano 15 milioni ogni settimana producendo da una parte un filo di economia per la popolazione locale, dall’altra un’immane catastrofe ambientale. Qualche tempo fa la nostra Micol Sarfatti aveva intervistato Maxine Bédat, esperta di sostenibilità e fondatrice del New Standard Institute e autrice de "Viaggio negli abusi ambientali e (non solo) del fast fashion" (Post Editori).

Un capo smette di esistere, e inquinare, quando ce ne liberiamo
«Assolutamente no. Una parte residuale degli abiti dimessi viene rivenduta. Il resto finisce nelle discariche dei Paesi più poveri, come il Ghana in cui sono stata per la mia inchiesta, e lì vengono bruciati, o gettati nei fiumi. Le cose non spariscono quando non le usiamo più».

Nel suo libro analizza anche il ruolo degli influencer . Sono complici del disastroso impatto ambientale della moda a basso costo
«Il mercato della moda usa e getta non esisterebbe se non ci fosse qualcuno pronto a foraggiarlo di continuo. Le star del web inducono ad acquisti inutili. È un fenomeno senza precedenti nella storia, nessuno ha mai avuto bisogno di una tale mole di vestiti di pessima qualità. Le nuove generazioni non hanno voglia di costruirsi un vero stile personale perché gli abiti costano così poco da potere essere comprati in continuazione».

Per leggere l'intervista completa link in bio
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